venerdì 30 maggio 2014

Michelangelo e la Cappella Sistina: storia di un capolavoro

Gli affreschi della volta della Cappella Sistina: una delle opere più ammirate di Michelangelo, dipinti dall'artista in quattro anni di duro lavoro. Ecco com'è andata.

La creazione di Adamo è l'episodio più celebre dell'intero ciclo. Michelangelo impiegò 16 giorni per completarlo

Era il 1508 quando al giovane Michelangelo (33 anni) fu commissionato l'affresco della volta della Cappella Sistina. Michelangelo era già molto famoso, aveva già scolpito il David. Fu Papa Giulio II a commissionare l'opera a Michelangelo, che all'inizio non voleva accettare (perché non si sentiva pronto per il compito e anche per contrasti con il Papa stesso). Nonostante i suoi dubbi accettò e si fece pagare per il suo lavoro 3.000 ducati.

Una posizione scomoda

Michelangelo affrescò la Cappella su un ponteggio sospeso in aria, illuminato solo dalla luce di candela. Nel lavorare Michelangelo stava in piedi, con il volto rivolto verso l'alto: in un sonetto scritto da lui parla di stesso con un certa ironia, descrivendosi in questa posizione scomoda, in piedi, con il viso rivolto al soffitto e la pittura che gli colava sul volto e sulla barba.
Michelangelo realizzò la colossale opera (500 m2) in tempo record e praticamente da solo. Fu aiutato da alcuni pittori in alcune parti, ma questi lavorarono sotto le sue severe indicazioni.


L'evoluzione nella pittura

Il tema degli affreschi era il Mistero della creazione di Dio, che raggiunge il suo punto più alto nella creazione dell'uomo a sua immagine e somiglianza. Michelangelo volle in questo senso celebrare in tutta la sua opera la bellezza del corpo umano nudo.
 Michelangelo cominciò a dipingere dal Diluvio universale fino all'episodio della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso. Quello che si nota è una evoluzione della sua pittura. Infatti, dalla tecnica legata alla scuola fiorentina del Quattrocento con cui dipinge le prime figure, arriva a sperimentare tecniche sempre più complesse raggiungendo effetti spettacolari nell'uso del colore, nel movimento dei corpi, ed anche nel creare la profondità di campo. Quest'ultima è una tecnica che consisteva nel dipingere in modo più netto la figura principale, e in maniera più sfumata quelle in secondo piano: questo dava alle figure un effetto di prospettiva e di messa a fuoco che fa pensare alla moderna fotografia.

Ezechiele. Si nota come la sua figura sia più netta e appaia come
in rilievo rispetto alle figure alle su spalle, più sfumate. Proprio come
appaiono le diverse figure in una foto.


Prima di affrescare, Michelangelo preparava dei bozzetti in cui studiava la muscolatura, le torsioni e i complicati movimenti del corpo. Si è notato come da un notevole realismo dei bozzetti, Michelangelo passasse poi ad affrescare nell'opera vera e proprio figure umane molto meno realistiche e molto più idealizzate.
Inoltre si nota come le figure, col procedere del lavoro, sembrano quasi volersi liberare dalla staticità delle posizioni per muoversi liberamente.


Figura di ignudo

La fine dei lavori

Dopo due anni di intenso lavoro Michelangelo dovette star fermo un anno per poi riprendere in tutta fretta così da completare tutta la seconda parte in un solo anno.
L'opera fu terminata il 31 ottobre 1512. Quando Giulio II la vide chiese all'artista di aggiungere delle rifiniture e dettagli in oro, ma Michelangelo si rifiutò. La sua opera era ormai terminata.


lunedì 26 maggio 2014

Dylan Dog, l'inglese dal cuore italiano

Dylan DogAffascinante, simpatico, idealista ma con qualche problema con le donne, si occupa di risolvere casi legati al mondo dell'horror e del paranormale: ecco Dylan Dog, uno dei personaggi più amati dei fumetti italiani.

Chi è Dylan Dog?

Dylan Dog è inglese a tutti gli effetti, con tanto di residenza in Craven Road 7, Londra, dove è ambientato  il fortunato fumetto che  Tiziano Sclavi creò  nel 1986, ispirandosi al personaggio John Silence  dello scrittore inglese Algernon Blackwood. Il nome Dylan fu scelto per via del poeta Dylan Thomas, mentre il nome della strada fu scelto come omaggio a Wes Craven.
Bello, è bello Dylan, con quel viso che ricorda l'attore  Rupert Everett, e anche bravo, visto che con il suo "quinto sesto e mezzo" riesce a risolvere casi dove la polizia normalmente si arrende: mostri, vampiri, zombie e tutto ciò che non è spiegabile razionalmente diventa campo d'indagine di Dylan, ex poliziotto di Scotland Yard.
Ad aiutarlo nella sua missione ci sono Groucho (sosia del comico Goucho Marx), l'assistente che al momento opportuno compare dal nulla a lanciargli la pistola; il commissario Bloch, a cui Dylan si rivolge per entrare in possesso delle informazioni della polizia, e altri personaggi che occasionalmente appaiono negli episodi.

Dyaln Dog, Groucho e il commissario Bloch
A sinistra di Dylan c'è Groucho, suo assistente, mentre a destra il commissario Bloch

Un anti-eroe che piace alle donne

Dylan è vegetariano, è astemio con un passato da alcolista alle spalle, ama la pizza e si sposta su un vecchio Maggiolone targato DYD 666. Non ama la tecnologia né il denaro. Nel tempo libero si dedica a suonare il clarinetto e a costruire un modellino di galeone che non riesce mai a terminare. Inoltre ha tutta una serie di fobie e paure, come quella per l'aereo. 
Dylan con ragazza

Insomma ha le caratteristiche più di un goffo Poirot, che di un affascinante eroe. Eppure Dylan ha un gran successo con le donne: in ogni episodio compare una donna bellissima che si innamora di Dylan e di cui Dylan si innamora perdutamente. Anche se la storia è destinata a finire  e lasciare una piccola cicatrice nel cuore di Dylan, che però ci ricasca ogni volta.

Il Dylan Dog Cafe

 Tutti i fan di Dylan in visita a Londra vanno a vedere cosa c'è in Craven Road 7, ma rimangono delusi nello scoprire che questo è l'indirizzo di un hotel. In compenso, accanto c'è  un bar che è stato ribattezzato Dylan Dog Cafe dai proprietari, incuriositi da tutti le persone che domandavano di Dylan!



Scopri di più su Dylan Dog.



venerdì 23 maggio 2014

Grande successo per la band italiana Kitsch negli Usa (ma loro non lo sanno!)

Diventare famosi e non saperlo: è più o meno quello che è accaduto a una band esordiente  italiana, i Kitsch, che un giorno hanno scoperto  per caso che una loro canzone era stata usata come sigla per una nota  serie tv americana.


I Kitsch sono un gruppo rock alternativo emergente formato da quattro ragazzi del nord Italia. I ragazzi, considerati un gruppo di nicchia in Italia, non avrebbero certo immaginato che un loro brano, Psychosong, potesse essere scelto da famosi produttori americani, gli stessi che hanno prodotto The Vampire Diaries e Arrow. E invece un giorno, mentre ascoltavano i loro brani su you tube, si sono imbattuti nel trailer del telefilm The tomorrow people con il loro pezzo in sottofondo. I ragazzi non sono mai stati contattati dai produttori americani, né la Siae sembra saper fornire loro risposte.
Kitsch aspettano che qualcuno possa risolvere questo "mistero"  ma intanto possono godersi questo piccolo  momento di gloria. 

Ecco Psychosong, usato come sigla del telefilm americano The Tomorrow People:


Fonte notizia: rockit.it

martedì 20 maggio 2014

Terraferma: il viaggio alla scoperta di chi siamo veramente

Torna l'estate e si fanno più intensi gli sbarchi di migranti clandestini sulle coste siciliane. Il film Terraferma (del 2011 ma ancora di stretta attualità) di Emanuele Crialese ha raccontato il difficile incontro/scontro fra due mondi dal punto di vista degli abitanti di un'isoletta della Sicilia, che si trovano davanti a una realtà drammatica in grado di sconvolgere il loro piccolo mondo.

Giulietta e Sara, scena del film Terraferma

 La storia

 Gli abitanti dell’isola (il film è stato girato a Linosa) sono persone semplici, che vivono per lo più di pesca e di turismo. I protagonisti della vicenda sono il giovane Filippo, rimasto orfano del padre, la mamma Giulietta,  il nonno Ernesto, vecchio pescatore legato alle tradizioni, e lo zio Nino.
Filippo, ragazzo chiuso e introverso, ha una grande ammirazione per il nonno, con cui va a pesca tutti i giorni,  e un grande amore per la sua isola, che ama intensamente e da cui non vuole separarsi.

Nonno Ernesto e Filippo, dal film Terraferma
Il suo mondo di ragazzo viene sconvolto quando, mentre è in mare con il nonno, dei clandestini in pericolo naufragati da un barcone partito dall'Africa chiedono soccorso. La legge impone ai pescatori di non prestare soccorso in questi casi, ma nonno Ernesto decide di aiutarli comunque, seguendo una legge più antica, la legge del mare, che impone ai pescatori di salvare chiunque stia per annegare. Fra i salvati c'è una donna incinta (Sara) e suo figlio, che verranno nascosti nel garage dove si sono trasferiti  Giulietta e Filippo dopo aver affittato la loro casa ad alcuni turisti. Inizia così per la famiglia un'avventura pericolosa - la polizia non sa che stanno nascondendo la donna- ma al contempo intensa e di grande valore nel loro percorso di crescita personale e scoperta del "diverso" .


La difficile scelta di Filippo

I personaggi sono divisi nel loro modo di affontare la vicenda: il nonno, disposto a continuare ad aiutare Sara, non si pente del suo gesto, neanche dopo aver perso il peschereccio per aver violato la legge; mentro lo zio Nino, che pensa solo ad arricchirsi con il turismo, vorrebbe liberarsi al più presto degli immigrati, che vede come un disturbo per i turisti e dunque ostacolo alla sua ricchezza. Filippo - nel frattempo alle prese con una cotta per la turista che vive nella sua casa -   combattuto tra il nonno e lo zio,  fra il cuore e la ragione,  compirà alla fine la sua scelta - come anche la madre Giulietta  - decidendo da che parte stare e ritrovando le certezze perdute


La mia opinione

Il film riesce a scendere nel  profondo delle  coscienze senza scadere mai in retorica e luoghi comuni e ci mostra con onestà il dramma di chi arriva e di chi  si trova davanti una realtà sconvolgente, impreparato ad affrontarla, con tutti i suoi dubbi e nessun' altra risorsa se non la sua umanità.

Leggi la recensione completa qui La terraferma è un posto nel cuore

Se vuoi approfondire, leggi anche il mio post Lampedusa: il naufragio dei migranti e il coraggio dei siciliani


martedì 13 maggio 2014

Il Trovatore di Verdi (la maledizione della zingara)

Azucena la zingaraUn dramma spagnolo pieno di tensione, passioni sconvolgenti, amore e desiderio di vendetta: tutto ciò è  Il Trovatore, che insieme a Rigoletto e Traviata fa parte della cosiddetta "trilogia popolare" , e che è stata l'opera più amata ai tempi di Verdi.  Scopri e lasciati conquistare anche tu dall' opera che ha appassionato il pubblico e si è assicurata un posto d'onore nel suo cuore fin dalla prima rappresentazione del 1853.


Il libretto dell'opera fu tratto dal dramma El Trovador di Antonio Garcia Gutierréz.  La storia si svolge in Spagna, agli inizi del 14° secolo.
Antefatto: Il Conte di Luna è padre di due figli piccoli; un giorno viene trovata una zingara accanto alla culla di uno dei due. Il bambino si ammala e  la zingara, accusata si aver fatto un incantesimo al piccolo,  viene arrestata e poi messa al rogo. Prima di morire, però, la zingara si fa promettere dalla figlia, Azucena, che la vendicherà. E Azucena compie la volontà della madre e rapisce il figlio del Conte. Del bambino rapito viene trovato solo il corpo incenerito accanto al fuoco.

Atto I

 Ormai adulto, l'attuale Conte di Luna, fratello del bambino scomparso, è innamorato della bella Leonora, dama di compagnia della Principessa d'Aragona. Leonora, però, è innamorata di un misterioso Trovatore, che l'ha conquistata con il suo canto. Leonora confessa il suo amore alla confidente Ines: ("Tacea la notte placida" e "Di tale amor"):




Il Trovatore e il Conte di Luna sono rivali non solo in amore ma anche in guerra. Infatti il Trovatore, dietro la cui  misteriosa identità si nasconde Manrico, è anche un seguace del principe ribelle Urgel. I due  si sfidano a duello e il Conte di Luna ha la meglio sull'avversario.

Atto II
La scena si sposta nell'accampamento degli zingari. Dopo allegri canti e balli prende la parola Azucena, che narra un episodio terribile che spaventa tutti: racconta di quando la madre fu messa in catene e poi arsa viva ("Stride la vampa"):



Nel frattempo la raggiunge il figlio Manrico (il Trovatore).  Azucena racconta al figlio che, a causa della promessa fatta alla madre, rapì uno dei figli del Conte per buttarlo nel fuoco ma, in preda al delirio, uccise il suo stesso figlio al posto del bambino rapito. Poi, resasi conto di aver detto troppo, si rimangia tutto e rassicura Manrico: è lui il suo vero figlio e sono solo i brutti ricordi che le confondono la mente.
 A questo punto una notizia raggiunge i due: Leonora vuole ritirarsi in convento perché crede che il suo innamorato, Manrico, sia stato ucciso dal Conte. Manrico si precipita da lei a Castellor per fermarla. Ma non è il solo: li raggiunge anche  il Conte di Luna, deciso ad avere Leonora a tutti i costi. I due innamorati riescono a mettersi in salvo.

Atto III 

I soldati del Conte di Luna si preparano ad attaccare Castellor, quando sorprendono una zingara -Azucena - che si aggira per l'accampamento. In lei riconoscono la donna che rapì il fratello del Conte e, quando vengono a sapere che è la madre di Manrico, decidono di far costruire una pira dove le daranno fuoco. Quando Manrico ne viene a conoscenza, abbandona Leonora con la quale  stava per unirsi in matrimonio, e corre ad aiutare la madre. A questo punto Manrico canta "Di quella pira", che è stata definita una delle più belle cabalette* di tutta la storia del teatro musicale.




Atto IV
Manrico e Azucena sono prigionieri del Conte, che intende ucciderli all'alba del giorno dopo. Leonora ha raggiunto l'accampamento del Conte e piange, pensando al suo amato: vorrebbe che il suo amore, come volando su ali rosee, lo raggiungesse nella sua prigione e lo confortasse ("D'amor sull'ali rosee", al minuto 2:05):



Seguono promesse d'amore eterno fra i due innamorati.  Leonora è disposta a tutto pur di salvare Manrico: raggiunge il Conte e gli promette se stessa in cambio della libertà per il suo innamorato. Il Conte accetta il patto: Leonora raggiunge in carcere l'amato Manrico e lo invita a fuggire, ma senza di lei. I sensi ormai stanno abbandondando Leonora: si è avvelenata, pur di non concedersi al Conte, che a questo punto fa uccidere Manrico dai suoi soldati. Solo adesso Azucena può rivelare la terribile verità: il Conte ha mandato a morte il suo stesso fratello. Un sorriso sinistro e trionfale  illumina il volto di Azucena che, incurante del suo destino, esclama: "Sei vendicata, o madre". La vendetta della zingara è compiuta.


* cabaletta: nel melodramma italiano dell'Ottocento, brano in tempo vivace posto alla fine di un'aria o un duetto (definizione dal Sabatini-Coletti on-line)

Se ti piace Verdi, leggi anche i miei post su Traviata e su Nabucco

martedì 6 maggio 2014

Pietrapertosa e l'antico dominio arabo

Incastonato fra le splendidi Dolomiti lucane e affacciato sulla verde Valle del Basento, sorge Pietrapertosa, considerato uno dei borghi più belli d'Italia. Oggi il borgo è conosciuto non solo per lo spettacolare paesaggio e le numerose proposte turistiche, ma anche per le testimonianze del dominio arabo: l'Arabata - il quartiere arabo - e il castello-fortezza.


Pietrapertosa panorama
Pietrapertosa vista dall'alto, fra le Dolomiti lucane. Foto: aptbasilicata.it

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